Nella sua lunga requisitoria il PM, di cui tralascio il suo nome ma anche tutti gli altri, per parlare in maniera oggettiva di quanto avvenuto, ha chiesto pene variabili dai 6 anni per il titolare del diving sino a 4 per gli istruttori che hanno rilasciato i brevetti, ritenendo che non dovessero essere concesse le attenuanti generiche agli imputati, che sono accusati di omicidio colposo plurimo «per aver cagionato la morte di quattro sub neofiti che – secondo la tesi dell’accusa – sono stati portati a immergersi nella grotta a Palinuro senza la preparazione e l’attrezzatura subacquea idonee».
Si è trascinato sul banco degli imputati anche la guida, perita nell’incidente, decretando che non avesse i titoli, pur essendo “divemaster”, dell’apposito brevetto per accompagnare in una immersione dalle caratteristiche così particolari.
L’avvocato dei famigliari di una delle vittime ha rincarato dichiarando nella sua di requisitoria che
«Le responsabilità sottese alla vicenda iniziano ancor prima della fatale immersione. Se solo uno dei quattro imputati avesse adempiuto a una regola cautelare, non ci sarebbe stata alcuna vittima, poiché i subacquei non si sarebbero immersi nella grotta».
Parole dure e forti accompagnate da una richiesta di condanna altrettanto dura. Non entro nel merito dello specifico caso, né se la pena richiesta è eccessiva o troppo lieve.
Mi interrogo invece sul fatto che a distanza di soli 4 anni, quest’anno Palinuro sia stata nuovamente teatro di un ennesimo incidente. Con le solite modalità e con le più fantasiose ricostruzioni dell’accaduto su dati ben poco oggettivi.
Avevo già parlato del “buonsenso” che sta alla base di ogni immersione e di ogni nostra attività, che non dovrebbe vedere la parte sanzionatoria allegata ad ogni legge ma al fine stesso per il quale quella stessa legge è stata redata e inoltre, che possa essere da sostituito in un buco normativo difficilmente colmabile.
Su Palinuro il discorso più semplice è che, a distanza di 4 anni, nulla per migliorare le condizioni di immersione è stato fatto e nulla in tal senso è stato recepito sia dai diving locali che dai fruitori di quel tipo di immersioni.
Se infatti l’ “eccesso di sicurezza” ha fatto si che ancora non ci si immerga con un filo d’arianna (magari ancorato con un accordo tra diving locali e capitaneria di porto) che possa fare letteralmente da guida nelle varie immersioni, da nessuna parte si legge della necessità di avere con sé o di fornire attrezzature per la progressione in grotta. Richiesta che, sempre per il “buonsenso” dovrebbe spingere gli stessi fruitori di tali immersioni a richiedere se non ad averli di proprio.
Nella visita ai cenotes in Messico, una delle più belle immersioni che ho fatto, malgrado le dicerie della subacquea “nostrana” su tutto quello che avviene al di fuori delle nostre acque territoriali c’è una formazione, una accettazione del rischio (che è diversa dalla inutile “manleva”) e soprattutto un’immersione effettuata con i criteri del caso.
Allora, in attesa di un epilogo di questa tragica vicenda e sempre in attesa del lungo e necessario iter per quella di quest’estate, sarebbe bello che quest’inverno, almeno a Palinuro, si possa affrontare con più consapevolezza e buonsenso il problema.