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Category ArchiveStoryteller

Navigazione al tramonto

Quando si naviga, sulle navi militari, ci sono dei precisi tempi nei quali viene scandita la giornata, turni di guardia durante i quali tutto l’equipaggio “ruota” al fine di fare il proprio turno di lavoro al giorno.
Io ero per un caso fortuito, come sempre, imbarcato da civile su una nave militare.

Gardaland e “Zero G”

Tantissimi anni fa i miei mi portarono a Gardaland. Il parco divertimenti di Prezzemolino. Ora io non so se c’è più Prezzemolino, ma la mia generazione, quella che guardava Bim Bum Bam, se lo ricorda benissimo.

Allora a Gardaland non c’era “Blue Tornado”, c’erano il percorso nei carrelli della miniera del “Far West”, il “Colorado Boat”, ovvero le rapide da affrontare con la canoa, “Abu Simbel” e la “Valle dei Re”, ma soprattutto c’erano le “Montagne Russe”, allora le uniche in tutta Italia e le più alti d’Europa, o almeno così diceva la pubblicità, e c’era anche una torre che ti portava alto, altissimo (almeno per me) e che ti faceva rotare prima di lasciarti “cadere” verso terra: “Ikarus”, o qualcosa di simile.

Io allora avevo una “fifa matta”. Il coraggioso era mio fratello, che volle persino mettersi in prima fila sulle montagne russe! Non che io mi tirassi indietro, ma non impazzivo di gioia a farmi mettere a testa in giù o a farmi “ballonzolare” come se fossi seduto su una lavatrice, soprattutto se non ero io a decidere come, dove e soprattutto per quanto tempo.

Ricordo che neanche mia mamma era entusiasta di accompagnarmi al secondo giro sulla torre rotante “Ikarus”. Io allora le diedi la mano, la guardai negli occhi e le dissi: “Mamma, non c’è da avere paura. Basta chiudere gli occhi! Poi dopo un po’ si ferma”.

Questa sera sono a due passi dall’aeroporto di Merignac, alle porte di Bordeaux, in una minuscola stanza di un albergo che sembra quasi un motel, un “motel dei cieli”. Ho mangiato poco e male, ma soprattutto, non ho sonno.

Fra poche ore salirò a bordo di un “Airbus 300″ che mi porterà sopra un tratto di Oceano Atlantico, lontano dalle rotte usuali del traffico aereo, poi improvvisamente incomincerà a salire dai 2.000 piedi di quota sin quasi a 10.000 con un angolo dapprima di 45° sino ai 60°, poi si lascerà cadere, sempre con i soliti 60° verso il mare.

60° gradi sono tantissimi e dai finestrini io e il resto dell’equipaggio potremmo guardare la terra che ci verrà velocissimamente incontro; ma solo per un attimo, poi incominceremo a muoverci per l’aereo simulando l’assenza di gravità. Fluttueremo per una ventina di secondi e lo faremo per una trentina di volte, prima di atterrare nuovamente, si spera, concludendo così la 60sima Campagna di Volo Parabolico organizzata dall’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.

Ecco, io ora non lo so perché questa sera mi sia venuto in mente proprio Gardaland e Prezzemolino, ma se domani, dovessi avere paura per un momento, mi basterà chiudere nuovamente gli occhi e pensare che tanto poi, dopo un po’, si ferma.

Correre.

Correre è una cosa ancestrale. È scritto nel nostro DNA, nelle fibre dei nostri muscoli costruiti e selezionati in migliaia di generazioni. Oggi non si corre per sopravvivere, si corre per dimagrire, per visitare luoghi da una prospettiva differente, insomma, si corre semplicemente per il piacere di farlo. Di giorno, di notte, lungo mulattiere dimenticate, tra gli arbusti di ginestre e i ciliegi in fiore.
Si disegnano mete straordinarie, sapendo che il piacere sta nel viaggio per raggiungerle ma anche nella preparazione del viaggio stesso.

Mete reali e mete fantastiche che si sviluppano e si legano ai pensieri nella propria testa.

Nella corsa a volte ci si può perdere, pur rimanendo sul sentiero giusto, oppure ci si può ritrovare se ci si era persi. A volte, ci si può perdere davvero.

L’unica cosa che importa alla fine però, è correre!

#BuongiornoUnCazzo

Certe mattine sono così….con quell’aria un po’ rarefatta, con un sole tiepido che non riscalda, nuvole di vapore che si formano ad ogni respiro…mani in tasca, stile Keruac, un caffè amaro bevuto in piedi al bancone di un bar. Un euro, mancia compresa, scontrino non pervenuto come la temperatura a Campobasso, un “buongiorno” tirato via più per abitudine che per sentimento dalla barista che ti vede uscire. E pensi … “Si, Buongiorno…Buongiorno un cazzo!” e ti senti subito meglio!

Dormire sul divano.

Il divano è un porto quiete nella tempesta della quotidianità.
Lo sa bene il gatto che ci guarda un po’ male per essere spodestato in parte dal proprio giaciglio preferito.

Il riposino sul divano ha qualcosa di speciale, sa più di una concessione, come un bagno schiumoso e caldo nella vasca. è speciale, quando fuori la pioggia ovatta i rumori e stempera i colori.

Allora ci sistemiamo con voluttuosi slanci del plaid, ci si posiziona un cuscino, dietro la schiena, meglio due: uno più rialzato per leggere.

Sul panchetto, a pochi centimetri da quella che era la nostra barca, la nostra astronave dei giochi dell’infanzia, ci si sistema il cordless e il cellulare, non ci dovrebbe chiamare nessuno, ma non si sa mai; un bicchiere d’acqua, il telecomando per sentire in sottofondo le ultime notizie del telegiornale.

Ci si accomoda infine, il libro tra le mani, pochi secondi e siamo già sprofondati in un sonno ristoratore.

Gli scrittori moderni.

Ecco. Io oggi ho realizzato una cosa. Che lo scrittore moderno non è tanto quello che ha una storia da scrivere, un pensiero da raccontare, un evento particolare da condividere con la pluralità. Quello ormai è un compito che assolvono i social network che dopo anni di tecnologia parlata, ci hanno relegato ad una tastiera a scrivere post più o meno sgrammaticati.

Guardare fuori dalla finestra

Questa mattina mi sono alzato un po’ oltre l’orario solito. A piedi scalzi sono andato in sala. Niki, il mio gatto, guardava fuori dalla finestra, concentrato. La coda ferma, immobile guardava dal vetro fuori.

Tra vecchiaia e desideri

L’altro giorno, leggendo il giornale, ho trovato un articolo dal titolo: “La gioventù finisce a 32 anni”. Ho tirato subito un sospiro di sollievo, visto che ancora ne ho 31 e spiccioli, poiché pensavo ormai di essere stato consegnato all’età adulta da un pezzo.

Tanto che ultimamente mi ero rassegnato a fare una lista di quelle cose che ti aiutano a capire che stai invecchiando:

1) Scoprire che il tuo campione preferito ha meno anni di te.
2) Incominciare a fare pensieri licenziosi più sulle ragazzine che sulle Milf.
3) Pensare che finalmente alle “feste dell’unità” incominciano a mettere della bella musica.
4) Pensare che se torni tardi forse è meglio che ti prendi un maglioncino.
5) La tavola periodica degli elementi si è allungata rispetto a quando studiavi chimica alle superiori.

L’articolo proseguiva dando indicazioni di come alla base ci fosse uno studio scientifico serio che prendeva in esame le risposte ad una serie di quesiti su che età si era fatto il primo mutuo, il primo figlio, il primo vero impiego, il primo matrimonio…

Da qualche mese conservavo nel portafogli, una pagina del diario di scuola di quarta elementare che avevo ritrovata per caso, tra le mille cose dello scatolone“prima o poi lo butto via”.

Sopra avevo scritto: “lista desideri” e sotto, appuntati in un ordine dettato dal caso, con penne e grafie differenti, segno di più aggiunte nel tempo, una serie di cose che avrei voluto realizzare prima di essere adulto.

Per me adulto, allora, significava tipo avere trent’anni. che mi sembravano già tantissimi.

Molti di quei punti, sono nati leggendo i libri di Hemingway, per cui al punto 5 c’era ad esempio, “raggiungere la vetta del Kilimangiaro”, oppure il 6, “correre a Pamplona con i tori”. E ho pensato che quindi a mio figlio, se avrò un figlio, di fargli leggere Hemingway non prima dei 14 anni.

Insomma, mica un elenco di cose tranquille. Al punto 1, c’era la puntina di “ego”: “andare sui giornali” e siccome ci andai da lì a pochi mesi per essermi schiantato sugli sci, a fianco aggiunsi: “per una cosa bella”.

Di quell’elenco molte le ho realizzate, “camminare sul fondo del mare”, “navigare con l’Amerigo Vespucci”, “fare uno sport estremo”, “scendere con gli sci dove non c’è mai passato nessuno prima”, “detenere un primato mondiale”…altre invece mancano, come ad esempio “fare la comparsa al Regio”, “fare il Camel Trophy”.

Allora ho pensato ad una cosa, “fanculo alla lista delle cose che ti fanno capire che sei vecchio”, ho strappato il titolo del giornale e l’ho piegato assieme alla “lista dei desideri”, non senza prima di aver puntato il dito ad occhi chiusi su uno dei punti ancora da realizzare.

Prima telefonata della mattina

Dormivo ancora quando è arrivata la prima telefonata della giornata, ho raccolto il telefonino dal comodino provando a spegnere una sveglia inesistente e ho maledetto chi mi anticipava di 5 preziosissimi minuti l’inizio della mia giornata. Si stava bene sotto le coperte, il tepore del plaid in contrapposizione al freddo e al vento che entrava dalla finestra spalancata non mi avrebbe mai fatto alzare. ma ho ceduto, mi sono alzato e con un occhio semi-chiuso ho letto un numero con il prefisso di Roma.
Conosco tanta gente a Roma. Ma questo numero non era in rubrica. “Pronto?!?” abbozzo con la voce impastata. “Ciao, sono Francesco..” mi dice una voce chiaramente sud-americana, “so che hai un problema” rimango interdetto, balbetto..
Certo, ho scritto ad un sacco di gente, pure ad Obama, ma mai giù a Roma dall’altra sponda del Tevere, butto lì un “be..be..Bergoglio?” balbettante e penso che non sia un buon inizio per parlare con il Papa.
No! Rodriguez. Sono del centro vodafone. Le volevo fare una proposta per la chiavetta internet”.
Ho chiuso la telefonata. ho impostato nuovamente la sveglia e sono tornato a dormire. Un quarto d’ora.

Apple e Autovelox.

“Apple realizza uno speciale autovelox per le piste da sci”, la notizia è vecchia, l’ho ritrovata dentro una copia di “Sciare” di qualche anno fa che mi accingevo a buttare via.

Allora mi è tornato in mente quando, quasi 20 anni fa, venni fermato dai Carabinieri su in Montagna.

Era una domenica di nebbia e allora, sulle piste, nel pieno boom agonistico/turistico che ha regalato alle nostre montagne Alberto Tomba, c’era veramente tanta gente da rendere presente non solo un efficiente servizio di soccorso ma anche della forza pubblica.

A me piaceva saltare e “tirare i curvoni”, anche se allora non si diceva “tirare i curvoni” visto che gli sci sciancrati dovevano ancora essere inventati e ci si divideva tra chi “tirava le linee”, spesso una, unica, continua e perfettamente dritta e quelli che facevano il “super-scodinzolo”. Quest’ultimi si dividevano tra quelli che lo facevano rigorosamente sotto la seggiovia per fare i “fighi” e quelli che lo facevano tra il limitar della pista e del bosco ed era per fare i “fighi” ugualmente, ma di “classe”.

A quei tempi io, che avevo 10-11 anni, facevo ancora parte di quelli che “tiravano le linee”.

Ero rientrato da poco da un infortunio: un polso slogato per aver centrato in pieno una sciatrice che usciva imprudentemente da una stradina. Imprudente per due motivi: primo, si da sempre la precedenza a chi viene dalla pista, secondo, perché dalla pista arrivavo comunque io, che portavo con me tutta l’energia cinetica possibile dettata da 35 kg di peso in posizione aerodinamica alla ricerca del tempo record sulla pista.

Comunque questa è un’altra storia.

Quel giorno di nebbia, per me non c’era nessuna differenza, a me piaceva andare forte e non mi facevo scrupoli nemmeno quando mi introducevo “a tutta birra” dalla stradina alla pista, dove poteva arrivare un mio “collega” anche lui a “tutta birra” e come successe un giorno.

Ma anche questa è un’altra storia.

Quel giorno comunque, nella nebbia, arrivai nella strettoia, schivai per un pelo due spazzanevisti alle prime armi, deviai sulla destra, sfiorai il palo della seggiovia e volai oltre il dosso per un tempo che mi parve infinito. Chiusi gli occhi, certo di sentire il botto e nuovamente un dolore lancinante di qualche frattura.

Atterrai invece miracolosamente in piedi, aprii gli occhi giusto in tempo per schivare i due carabinieri fermi e senza fermarmi proseguii fino all’arrivo.

Fu così che mi sequestrarono gli sci.

Giuro.

Fui fermato dai carabinieri che presero in consegna gli sci e mi obbligarono a cercare mio papà per “conferire” con lui.

Io non sapevo bene cosa significasse “conferire” ma sapevo che ero finito nei guai.

Io non so oggi a che punto stanno gli autovelox sulle piste, so che qualche multa sulle alpi è stata fatta, però penso che per almeno un decennio, sono stato l’unico in Italia a cui hanno sequestrato gli sci.