Quando mi indicano qualcuno dicendomi poi a bassa voce: “quello è un influencer” a me, la prima cosa che viene in mente è Antonio.
Antonio non è un influencer, o magari oggi si, visto che non lo vedo dall’esame di quinta elementare.
Quando andavo alle medie, nell’altra sezione c’era Poldo. “Poldino”, per essere precisi. Noi lo chiamavamo così perché assomigliava a “Poldo” l’amico ingordo di Braccio di ferro. Medesima stazza e medesima fame. Lasciare infatti il proprio panino nello zaino incustodito voleva dire che nell’intervallo si saltava lo spuntino. Con precisione chirurgica visitava tutte le aule, rigorosamente tutti i giorni e a nulla valevano i richiami, i rapporti o le ramanzine del preside.
La prima volta che andai a pesca avrò avuto più o meno sei o sette anni. Mi ci portò il nonno di un mio amico, un uomo dal carattere spigoloso un po’ irascibile dalle mani segnate da cicatrici profonde che solo le reti cariche di pesce possono lasciare.
L’altra sera sono andato a correre. Malgrado la primavera, non faceva davvero caldissimo, ma nell’aria c’era quell’odore di erba appena tagliata. Quell’odore misto di clorofilla e olio di decespugliatore che mi fa impazzire. Un odore che ho sempre amato sin da piccolo.
Se si pensa ad una lingua povera di vocaboli, soprattutto nell’esprimere sentimenti ed emozioni, la memoria collettiva corre al tedesco, ma è solo nella lingua teutonica che esiste una parola, una soltanto, che da sola riesce a dare un nome all’irrequietezza di fondo dell’esploratore: “Fernweh”. Letteralmente, malinconia per posti in cui non si è mai stati. Una nostalgia di fondo per il viaggio, la scoperta, la ricerca, che è l’esatto opposto di “Heimweh”, che significa “malinconia di casa”. Entrambe, si compensano e si completano, come in una sorta di “Yin e Yang”.
I cinema che frequento io di solito vengono chiamati anche “cinema d’essai”, che sta per “cinema sperimentale”, un modo differente per dire che passano film che difficilmente vedi nelle grandi sale con attori e registi che l’hanno ripetutamente presentato in televisione.
Quando ero piccolo, precisamente quando frequentavo la terza elementare e in geografia si studiavano le regioni, c’era nella nostra aula, appiccicata al muro e abbastanza grande, una cartina in rilievo dell’Italia con i nomi dei Paesi scritti in nero tra il blu del mare, il verde delle pianure e il marrone intenso dei rilievi alpini.
Della spiaggia odio tutto! I lettini troppo vicini, la musica alta, i bambini che urlano tirandosi la sabbia, le madri che parlano di fiction, “aperi-cene” e luoghi cool, cospargendosi di olio abbronzante e ammorbando l’aria peggio di una friggitoria e i padri, che arrivano in spiaggia con la camicia dalle maniche lunghe rimboccata nei boxer e l’ipad sottobraccio.
Quando studiavo e dovevo fare l’esame di chimica, ogni volta che scrivevo le lettere“Cl”, “Cloro” in una reazione da bilanciare a me la prima cosa che mi veniva in mente non era il numero di ossidazione, ma la piscina.